Da Napoleone alla pasta al pomodoro

Cosa c'entra il generale francese con il piatto più conosciuto della cucina italiana? Leggi l'articolo per scoprirlo!

La conserva nera

Dopo un inizio incerto, verso la fine del XVIII secolo il pomodoro era ormai diffuso e apprezzato in diverse parti del Vecchio Continente, e si cercavano espedienti per conservarlo oltre la stagione estiva.
Uno dei primi metodi di conservazione sfruttava la disidratazione: il sugo di pomodoro veniva cotto fino a diventare una pasta densa, da compattare in mattoncini ed essiccare al forno o sulla stufa. Nella zona di Parmala "conserva nera" veniva prodotta su scala industriale e venduta sia in Italia che nelle Americhe.

La nascita della passata

L'innovazione in tema di conservazione alimentare fu incoraggiata da Napoleone, che cercava nuove soluzioni per ottimizzare le provviste nelle campagne militari. Lo scienziato gesuita Lazzaro Spallanzani aveva già scoperto che infusi chiusi in barattoli di vetro fatti bollire per un'ora duravano molto a lungo, ma le sue conclusioni furono limitate alla stesura di pochi opuscoli.Fu il pasticciere Nicolas Appert a rendere noto il procedimento, eseguendo una ricerca sui materiali più adatti per l'esposizione al calore e la chiusura ermetica. Questi risultati furono premiati dal Direttorio Francese con 12.000 franchi.

Dopo la caduta dell'Impero, gli studi di Appert furono ripresi dall'inglese Peter Durant, inventore del "cibo in scatola". Nel 1814 la Reale Marina Inglese forniva ai suoi uomini conserve di zuppe e carne in scatola.

L'incontro con la pasta

Ma la passata era già diffusa nelle case degli Italiani: già nel 1814 un libro di cucina proponeva la "Conserva di pomidoro al fresco", ispirata agli insegnamenti di Appert. La ricetta suggeriva di setacciare i pomodori maturi e chiuderli in un barattolo sigillato con il catrame e, dopo averlo fatto bollire a bagnomaria per 16 minuti, conservarlo in cantina ricoperto di sabbia.

Ma quand'è che la pasta ha incontrato il pomodoro?

Sempre a inizio Ottocento, il Regno di Napoli stava vivendo un momento di relativa tranquillità ed espansione culturale: la cucina italiana si era ormai emancipata dall'influenza francese per affermare la propria identità. Nella capitale si vendevano piatti di pasta con il formaggio, a ogni angolo delle strade, e via via le trattorie cominciarono a proporre anche i vermicelli al pomodoro. Questo piatto riscosse un tale successo che i cuochi napoletani cominciarono ad importare i pomodori anche dalla Sicilia.

Dalla passata... al presente

Nel 1858, Cirio apre il primo stabilimento a Torino, che faceva conserve di piselli. Dopo l'Unità d'Italia ne inaugurò altri nel Mezzogiorno, dedicati alla produzione di salsa di pomodoro in scatola di latta. L'unificazione del paese e le campagne pubblicitarie del marchio resero in breve tempo la "pappa col pomodoro" un'icona dell'intera Penisola.

Pasta alla Norma

Non tutti sanno che il nome di questa ricetta del Sud Italia è un omaggio all'omonima opera lirica di Bellini. Questa aveva avuto un tale successo che i Catanesi avevano introdotto l'espressione "pari 'na Norma" per esprimere meraviglia.
Nel 1920 il commediografo Nino Martoglio, assaggiando il piatto disse "Signuram chista è 'na vera Norma". Il resto della storia lo leggiamo nei libri di ricette.