Dove si butta l'olio da frittura?

Cos'è l'olio esausto

L’olio “esausto”, ovvero quello che è stato utilizzato per friggere, ma anche quello delle conserve come quello nelle scatolette di tonno o di alcune verdure, se smaltito in maniera scorretta può rappresentare un problema per l’ambiente.
Se gettato nello scarico del lavandino, ad esempio, si traduce in un fattore di inquinamento per il terreno, l’acqua, la flora e la fauna, e anche per i filtri dei depuratori e le linee fognarie. Proprio come l’olio dei motori.

Perché è un problema

Si stima che un chilo di olio vegetale esausto arrivi a coprire in maniera uniforme una superficie di 1000 chilometri quadrati. Questo olio rilascia una sottile pellicola sul terreno, rendendolo impermeabile e incapace, quindi, di nutrirsi. Se finisce nei pozzi d’acqua il rischio è che li renda inutilizzabili.

Gran parte della popolazione è all’oscuro di questo pericolo, e in Italia vengono prodotte ogni anno 260.000 tonnellate di olio alimentare esausto.

Il CONOE

Per questo nel 1998 è nato il CONOE, il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti. Nel 2002, il CONOE è riuscito a raccogliere 15.000 tonnellate di questo rifiuto. Nel 2011, 46.000 tonnellate. Nel 2018, 76.000 tonnellate. Un trend positivo insomma, anche se siamo ancora lontani dall’ideale.

Da rifiuto a risorsa

Il Consorzio si occupa anche di gestire questo scarto in modo da trasformarlo da un costo ambientale ed economico in una risorsa rinnovabile. L’olio esausto può infatti essere riciclato per la produzione di biodiesel (finalità principale, per la quale si adopera circa il 90% del raccolto), ma anche biolubrificanti per macchine agricole o nautiche, prodotti per la cosmesi, saponi industriali, inchiostri, grassi per la concia e cere per auto.

Il biodiesel è un combustibile vegetale non tossico e completamente biodegradabile, il cui utilizzo riduce le emissioni di anidride carbonica nel settore dei trasporti.

Da problema a opportunità: dal punto di vista ambientale ma anche economico. Secondo l’analisi del consorzio, solo nel 2017 abbiamo risparmiato circa 21 milioni di euro grazie alle importazioni di prodotti petroliferi che siamo riusciti a evitare. Se tutto lo scarto venisse convertito in biodiesel, il risparmio sarebbe di 112 milioni di euro l’anno (considerando un prezzo di 82 dollari al barile).

Il CONOE sta progettando insieme all’ANCI (l’Associazione dei comuni italiani) la raccolta porta a porta di questo rifiuto. Sarebbe un enorme passo avanti per diffondere consapevolezza e raggiungere il 100% della raccolta. Nel frattempo, possiamo raccogliere gli oli esausti che produciamo nelle nostre case ogni giorni in contenitori di plastica o vetro e portarli nelle isole ecologiche.