L'arrivo del pomodoro in Italia

È uno degli ortaggi più amati e utilizzati nella nostra cucina, eppure fa parte della nostra dieta da poco più di tre secoli... E all'inizio non ebbe neppure molto successo.

Come molti altri ortaggi, il pomodoro è stato importato dall'America. Mentre mais e patate hanno riscosso un successo quasi immediato in cucina, l'interesse per il pomodoro è stato per molto tempo puramente estetico. Vediamo come è passato da curiosità botanica a principe della cucina italiana.

L'importazione in Spagna

Insieme agli altri frutti del "Nuovo Mondo", il pomodoro raggiunse l'Europa viaggiando sulle navi degli esploratori che tornavano in patria. Possiamo quindi supporre che il primo paese europeo ad assaggiarlo fu la Spagna: nei racconti di viaggio dell'esploratore e cronista Bernal Diaz de Castillo, risalenti a circa 70 anni dopo il primo viaggio nelle Americhe, compare la parola tomatl senza particolari precisazioni. Da questo intuiamo che la parola fosse già familiare al pubblico dei suoi lettori, perciò è probabile che il pomodoro comparisse già sulle tavole spagnole.Altre testimonianze riportano che ai primi del Seicento fosse utilizzato nelle mense dei poveri e negli ospedali e figura anche in diversi dipinti dell'epoca, dimostrando che era entrato nelle abitudini di tutta la popolazione, inclusa quella più lontana dagli ambienti della corte.

Il pomodoro in Italia

Dalla Spagna il pomodoro raggiunse velocemente il Vicereame di Napoli, suscitando l'interesse di botanici e naturalisti di tutta Italia: nel suo erbario del 1551 il naturalista Ulisse Aldrovandi, grande appassionato dei prodotti del Nuovo Mondo,definisce "Pomo d'Oro, tumatli" la pianta, che si manifestava sia nella variante a bacca rossa che a bacca gialla.

Lo stesso interesse non si riscontrò tuttavia sulle tavole: data la sua parentela con lo stramonio, la belladonna e la mandragora, solanacee con proprietà medicinali e psicotrope, il pomodoro era comunemente considerato nocivo. In effetti le solanacee contengonodiversi alcaloidi, concentrati soprattutto nelle parti verdi: nel pomodoro acerbo troviamo la tomatidina, che però si degrada con la maturazione.

Anche le sue proprietà nutrizionali non giocavano a suo favore. Trattandosi di un alimento poco saziante, quindi inadatto a placare la fame, si preferiva investire terreno ed energie nella coltivazione di ortaggi più calorici, come le patate.

Con il passare dei decenni, qualcosa cominciò a cambiare: grazie alla sua capacità di conservare il colore acceso anche dopo la cottura, il pomodoro riuscì lentamente a riscuotere apprezzamento e introdursi nell'alimentazione popolare. La prima cucina in Italia ad includerlo fu quella napoletana, più incline all'uso di verdure nelle preparazioni.

Nel 1692 il grande cuoco Antonio Latini, "maestro dei conviti", inserisce ben due ricette a base di pomodoro nel suo monumentale ricettario "Lo scalco alla moderna": la "Salsa alla Spagnola", da accompagnare ai bolliti, e la "Cassuola di pomodoro".

Per poter assaggiare una vera e propria pasta al pomodoro dovremo aspettare ancora un po', ma di questo parleremo un'altra volta.

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