La Sharing mobility è l’implementazione della tecnologia digitale nel sistema dei trasporti, in modo da facilitare la condivisione di veicoli e tragitti, aumentare la flessibilità e l’originalità dei servizi e incentivare la collaborazione tra le parti. Appoggiandosi al funzionamento delle App quindi, questo può avvenire attraverso diverse modalità, in continua espansione:
Letteralmente “mobilità condivisa”, il fenomeno è una sottocategoria della “sharing economy”, ovvero ”economia condivisa”. L’economia condivisa è un modello di distribuzione di beni e servizi basato su una commistione tra leggi di mercato condivisione. È un concetto piuttosto ambiguo e dibattuto: in senso stretto, il termine "condivisione" rappresenterebbe le attività che non prevedono un profitto. In realtà, però, spesso si tratta di modelli imprenditoriali che rispecchiano le logiche di domanda e offerta.
I presupposti sono correlati con quelli dell’economia circolare, un approccio al sistema di scambio che ha come perno l’intenzione di limitare il più possibile gli sprechi e incentivare il riuso, il riciclo e la condivisione a partire dallo stadio di progettazione dei prodotti e dei servizi.
Il settore automotive costituisce l’11,1% del PIL e basta considerare che un'auto immatricolata su quattro è a noleggio per capire la portata della questione.
La mobilità condivisa è sempre più parte della quotidianità degli Italiani, con una tendenza di crescita del 12% ogni anno per quanto riguarda i servizi. L’anno scorso gli utenti registrati a questi portali ammontavano a 5,2 milioni, il 24% in più rispetto a quelli del 2017.
Una crescita quantitativa quindi, ma anche qualitativa: i veicoli elettrici sono diventati il 43% rispetto al 27% del 2017. Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), se l’intero traffico stradale privato di una città venisse sostituito dall’uso di diversi servizi di mobilità condivisa integrati tra loro, si ridurrebbero le emissioni inquinanti, la congestione e il tasso di incidenti. Inoltre si andrebbe a liberare una grossa parte di spazio urbano dedicato ai parcheggi.
In una simulazione dell’OCSE sulla città di Lisbona, sostituendo il trasporto motorizzato con tre servizi di mobilità condivisa, si otteneva l’eliminazione degli imbottigliamenti, la riduzione di un terzo delle emissioni di anidride carbonica e la riduzione delle necessità di parcheggio pubblico del 95%.
La flotta dei mezzi di trasporto necessaria a raggiungere questi risultati è pari al solo 3% dei veicoli attualmente circolanti nella città portoghese.
L’innovazione in questo campo rasenta la fantascienza: dal 2016 siamo nella fase spermentale dell’implementazione dei veicoli automatizzati nella rete di mobilità condivisa. Parliamo delle macchine senza autista, guidate dall’intelligenza artificiale. Diverse prove sono state condotte negli anni per le strade di Pittsburg, USA, da parte di Uber, in Arizona da Waymo, in Singapore da nuTonomy e Grab, e in tutto il mondo il servizio di navette automatizzato (per il momento a bassa velocità) di EasyMile, Local Motors, Auro, Navya e altri.
L’unica cosa certa è che di sharing mobility sentiremo parlare sempre di più.